16 aprile 2010

Il linguaggio dell'azione

Crescere significa prendere delle decisioni. Giuste o sbagliate che siano. Prendersi delle responsabilità. Non è facile. A volte il senso del dovere ci porta ad essere corretti e responsabili verso chi abbiamo di fronte, ma indolenti e “distratti” verso noi stessi, verso quello che siamo. C'è poi chi trasforma la propria indeterminatezza interiore in un sistema di vita, vivendo senza pronunciarsi, perso nell'indecisione di un malessere esistenziale. Questo tipo di persone lasciano il campo delle decisioni agli altri, perché non pronunciano né un "si", né un "no". Quando mi trovo di fronte a questi soggetti a salvarmi sono sempre due cose: l'analisi delle azioni e le reazioni del corpo.
Da una parte l'azione mostra chi abbiamo davanti. Agire ha un prezzo, e non tutti sono disposti a pagarlo. Dall'altra parte il corpo, attraverso le proprie reazioni, comunica senza filtri come ci si sente in una situazione o nel contatto con un'altra persona.
Si vive attraverso l'azione, attraverso la volontà. Il resto non esiste.
Citando Fernando Pessoa “Agire, ecco la vera intelligenza. L'esito è nell'avere esito, e non nell'avere condizioni di esito. Dappertutto, in ogni vasta terra, esistono condizioni palazzesche. Ma dove sarà il palazzo se non viene costruito?”.
Anche dal punto di vista delle aspirazioni personali, l'azione ha un suo peso. Tutti abbiamo dei sogni, ma ciò che ci distingue l'uno dagli altri, è un atto, un gesto, la forza e la voglia di farcela. In questo caso, se all'azione è legato anche l'amore per quello che si fa, allora si realizza un connubio magico. Dedicare amore a qualcosa è nuovamente frutto di una scelta. Infatti, se si analizza profondamente quello che ci circonda, sembra che niente meriti l'amore di una vita o di un'anima. Ma vivere senza amare profondamente è come starsene alla finestra a guardare. Di fronte a questa indeterminazione dare amore per sentimentalismo, si può pensare possa essere una soluzione. Ma non porta da nessuna parte. Continuare a cercare invece significa qualcosa: un amore profondo per la nostra vita, per quello che vogliamo veramente essere.

5 commenti:

  1. Anche se sembra un atto di autoanalisi psicanalitica, siamo di fronte ad un fatto inedito; le "seghe mentali" lasciano il passo ad un decisionismo positivista. Brava, me ne compiaccio.

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  2. Accetto con un sorriso tanto sarcasmo solo perché so che farmi un complimento diretto per te è troppo difficile.
    Comunque grazie, apprezzo il fatto che leggi il mio blog e che spesso usi quella tua splendida testa per darmi consigli. E' una gran fortuna!
    Matilda

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  3. Eccomi!
    Ora ho un pò più di tempo e commento il tuo post.
    E' molto bello e pieno di energia. Vorrei però fare una considerazione generale, aggiungere qualcosa. Quando si vivono situazioni di indecisionismo, indolenza, confusione e indeterminatezza, non bisogna colpevolizzarsi e autoaccusarsi di mancanza di volontà o di non voler pagare il prezzo di una scelta. Si dovrebbe invece scavare dentro di se, per trovare un alleato forte, una fonte di piacere. L'indolenza, se non da malattie, nasce dalla mancanza di desiderio, e quale guida migliore se non il desiderio e quindi la consapevolezza del piacere, per emergere da una situazione di stallo? Importanti sono il senso di responsabilità, la volontà e la capacità di scegliere, ma pensa che strumenti potenti sono se messi semplicemente al servizio del piacere.

    ...dopo aver parlato come il maestro Yoda, posso confessarti che non ho scritto subito perché dovevo andare a comprare pizza e mortadella! La mia volontà è stata grande, avrei superato ogni ostacolo per raggiungere il mio obiettivo!

    Ciaooo!

    Luca

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  4. ahahah, il maestro Yoda ti consiglia bene;-)
    L'ironia è sempre una grande risorsa.
    Baci
    Matilda

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