20 gennaio 2010

La Gentilezza

"Per la prima volta ho incontrato qualcuno che cerca le persone e vede oltre.
È molto piacevole ascoltarlo parlare, anche se quello che racconta ti è del tutto indifferente, perché ti parla davvero, si rivolge a te. È la prima volta che incontro qualcuno che si preoccupa di me quando mi parla: non aspetta l'approvazione o il disappunto, mi guarda con l'aria di dire: "Chi sei? Vuoi parlare con me? Mi fa proprio piacere stare con te! ". Ecco cosa volevo dire con la parola gentilezza, questo modo di fare che dà all'altro la sensazione di esserci

Può sembrare banale, eppure credo che sia profondo. Non vediamo mai al di là delle nostre certezze e, cosa ancora più grave, abbiamo rinunciato all'incontro, non facciamo che incontrare noi stessi in questi specchi perenni senza nemmeno riconoscerci. Se ci accorgessimo, se prendessimo coscienza del fatto che nell'altro guardiamo solo noi stessi, che stiamo soli nel deserto, potremmo impazzire. (...) Io invece supplico il destino di darmi la possibilità di vedere al di là di me stessa e di incontrare qualcuno."

....L'eleganza del riccio

19 gennaio 2010

Le strade di sabbia, ovvero perdersi nello specchio.



LE STRADE DI SABBIA

(Ovvero perdersi nello specchio)


Fumetto stupendo e poetico!
Il protagonista sceglie di passare nel quartiere vecchio della sua città per trovare una scorciatoia ed arrivare in tempo ad un appuntamento al quale però non vuole andare. E' questo non volere e non dirselo che lo porta a perdersi in una realtà parallela, piena della pesantezza di tutti i giorni. In questo quartiere diventa l'uomo senza nome, quello a cui l'Ombra ha rubato l'identità, trasformandolo in un uomo senza prospettive, né vie di fuga. Il quartiere vecchio è così surreale da somigliare alla nostra quotidianità. E' il posto dei compromessi senza ritorno, dove perdersi nell'immobilismo è la normalità, dove è chiaro che le costrizioni a cui si sottopongono i personaggi non sono altro che la proiezione folle della proprie paure. Qui le paure escono fuori dal corpo e diventano un simbolo.
In questa prospettiva la calamità che si abbatte sulla città e distrugge tutto è una fortuna. Libera tutti dai propri demoni e dal proprio immobilismo. Rimette in moto la vita!
La storia è ricca di riferimenti letterari da Borges ad Allan Poe, da Escher a Kafka.
Alla fine della lettura sono rimasta a rigirarmi nel letto ad occhi aperti, chiedendomi come mai anch'io, come uno dei personaggi del fumetto, ogni giorno rimando la mia partenza per ricontrollare la lista delle cose da portare nel mio bagaglio. Forse dovrei trovare il coraggio di strapparla e andare!
Poi mi sono voltata di scatto, perché mi era sembrato di vedere un'ombra.... per un attimo ho avuto paura di essermi già persa nel quartiere vecchio....



13 gennaio 2010

Negli Abissi del Nostro Animo, siamo tutti Marinai.....



Chiamatemi Ismaele. Alcuni anni fa - non importa quanti esattamente - avendo pochi o punti denari in tasca e nulla di particolare che m'interessasse a terra, pensai di darmi alla navigazione e vedere la parte acquea del mondo. E' un modo che ho io di cacciare la malinconia e di regolare la circolazione. Ogni volta che m'accorgo di atteggiare le labbra al torvo, ogni volta che nell'anima mi scende come un novembre umido e piovigginoso, ogni volta che mi accorgo di fermarmi involontariamente dinanzi alle agenzie di pompe funebri e di andar dietro a tutti i funerali che incontro, e specialmente ogni volta che il malumore si fa tanto forte in me che mi occorre un robusto principio morale per impedirmi di scendere risoluto in istrada e gettare metodicamente per terra il cappello alla gente, allora decido che è tempo di mettermi in mare al più presto. Questo è il mio surrogato della pistola e della pallottola. Con un bel gesto filosofico Catone si getta sulla spada: io cheto cheto mi metto in mare. Non c'è nulla di sorprendente in questo. Se soltanto lo sapessero, quasi tutti gli uomini nutrono, una volta o l'altra, ciascuno nella sua misura, su per giù gli stessi sentimenti che nutro io verso l'oceano.

Herman Melville, Moby Dick, traduzione di Cesare Pavese

06 gennaio 2010

Il Gioco del Distacco






La storia dell'umanità comincia con la cacciata dal giardino dell'Eden, quella di un uomo con l'abbandono di un altro paradiso: il ventre materno.  Nasciamo attraverso il distacco dal corpo materno e per tutto il resto della vita non facciamo altro che continuare a cercare un angolo di paradiso, una nostra dimensione, per poi doverla di nuovo abbandonare.
Eppure i distacchi hanno un certo fascino legato all'idea di superare un limite, un confine, di poter fare uno scatto in avanti. Liberandoci dai vecchi attaccamenti, possiamo direzionare le nostre energie verso nuove mete, verso nuove scoperte. Tuttavia quando lasciamo ciò che amiamo e ci è familiare, spesso soffriamo intensamente. Non ci si libera facilmente dell'idea di aver lasciato indietro qualcosa o qualcuno; si ha l'impressione di essere colpevoli, di aver tradito. Così alla paura del nuovo e ai vecchi attaccamenti, si aggiunge anche il senso di colpa! 
Di fronte a queste tensioni c'è chi preferisce abbandonare piuttosto che essere abbandonato, oppure chi incapace di assumersi il peso di una rottura assume comportamenti provocatori, in modo da far decidere ad altri. Ci sono poi i casi estremi di coloro che chiudono la propria sfera emotiva, che 
cercano di difendersi non accettando e non mostrando le proprie emozioni. Facendo finta che non ci siano più. Puff, sparite!
Distaccarsi è un'arte! E' il frutto di un difficile equilibrio tra la capacità di trattenere e di lasciare ciò che amiamo. Bisogna essere ben saldi per capire che le persone che noi amiamo possono farcela senza di noi, per capire che quando ci ostiniamo a recitare ogni giorno lo stesso copione, in realtà stiamo riconfermando quotidianamente la nostra promessa di non cambiare, di non spingerci troppo in là con i nostri desideri. Del resto l'uomo è un essere intelligentissimo ed infiniti ed originali sono i trucchi che escogita per dirsi bugie, per non osare.
Ma c'è una storia che forse può aiutarci. E' la storia di una madre divina, Teti, che volendo proteggere a tutti i costi il suo amato figlio Achille, lo immerse nello Stige, tenendolo per un piede. Achille l'eroe invulnerabile venne ferito mortalmente proprio sotto il tallone. Proprio lì, nel punto del mancato distacco, si è insediata la morte!


Per approfondimenti: 
Distacchi ed altri addi di Gianna Schelotto.