20 ottobre 2010

La vie est un jeu d'enfants...




Un po' di leggerezza per chi continua a ripetersi "La vita non è un gioco!".
Ma chi l'ha detto? Quand'è che dovremmo smettere di giocare e sorridere?
Buona giornata a tutti.

18 ottobre 2010

William Ernest Henley - Invictus

Dal profondo della notte che mi avvolge,
buia come il pozzo più profondo che va da un polo all'altro,
ringrazio gli dei chiunque essi siano
per l'indomabile anima mia.

Nella feroce morsa delle circostanze
non mi sono tirato indietro né ho gridato per l'angoscia.
Sotto i colpi d'ascia della sorte
il mio capo è sanguinante, ma indomito.

Oltre questo luogo di collera e lacrime
incombe solo l'Orrore delle ombre,
eppure la minaccia degli anni
mi trova, e mi troverà, senza paura.

Non importa quanto sia stretta la porta,
quanto piena di castighi la vita.
Io sono il padrone del mio destino:
io sono il capitano della mia anima.




Out of the night that covers me,
Black as the pit from pole to pole,
I thank whatever gods may be
For my unconquerable soul.

In the fell clutch of circumstance
I have not winced nor cried aloud.
Under the bludgeonings of chance
My head is bloody, but unbowed.

Beyond this place of wrath and tears
Looms but the Horror of the shade,
And yet the menace of the years
Finds and shall find me unafraid.

It matters not how strait the gate,
How charged with punishments the scroll,
I am the master of my fate:
I am the captain of my soul.

13 ottobre 2010

L'Aquila, una città abbandonata!






E' domenica, munita di casco da cantiere e scarpe da trekking mi unisco ad un gruppo di blog sketcher e m'inoltro nella zona Rossa di l'Aquila.
Arrivo in ritardo e quindi in un primo momento non sono con il gruppo.
Cammino per una città fantasma, abbandonata e distrutta. Sofferente.
C'è un silenzio inquietante. Guardandomi intorno, tra le macerie delle case, intravedo pezzi di vita di altre persone. Ho un brivido lungo la schiena. Nei ruderi ci sono ancora gli oggetti personali...
Mentre sono sulla piazza a disegnare e fare foto, assisto ad una scena molto toccante.
Una donna del luogo è entrata nella zona Rossa, ma i militari la invitano ad andare via.
"Voglio solo vedere la mia casa, perché non mi fate entrare!" "Perché loro possono?" (riferito a noi). Sento la sofferenza di questa donna, e non posso fare nulla! Forse se almeno la facessero passare per un attimo. Se le dessero l'opportunità di contemplare un pezzo di vita che non c'è più! Di piangerla, se necessario. Se questo poi serve ad andare avanti...
Poi ho occasione di parlare con la persona che ci sta accompagnando. Ha la malinconia negli occhi. Ci racconta com'era prima la vita da quelle parti: ricorda tutti i dettagli, i particolari. Lo ascolto e lo farei parlare per ore.
Noi visitatori siamo tutti silenziosi, ascoltiamo con rispetto e con il cuore gonfio di compassione. Sentiamo la rabbia degli Aquilani; la rabbia cresce anche dentro di noi. Gli Aquilani contemplano ogni giorno una vita che non gli appartiene più, non c'è la minima traccia della ricostruzione, e quelli che hanno la forza di ricostruire, sono bloccati da impedimenti burocratici e giochi di potere. Chi amministra ha persino il coraggio di sequestrare una carriola a chi non ha altro, se non la voglia di reagire.
Arriva poi l'ora di pranzo. Siamo stati accolti in un bar piccolo, impreparato all'arrivo di tanta agente. Eppure ci hanno fatto sedere. Ci hanno preparato un ottimo antipasto, con quello che avevano disponibile. Hanno fatto la "moltiplicazione del pane e dei pesci". Ci hanno trattato veramente con tanto riguardo! Prima di andar via ho chiesto loro: "cosa possiamo fare per voi?"
Loro hanno risposto, ditelo a tutti quello che avete visto. Ditelo ai vicini di casa. Fate sapere come stiamo. E quando vi chiedono: "Come stanno gli Aquiliani?", rispondete "Non si possono lamentare!". Nel senso che non possono neanche protestare.
Li salutiamo con tanto affetto e un silenzio nel cuore.
La promessa è quella di tornare, ancora più numerosi con i nostri taccuini e le macchine fotografiche! Ovviamente lo faremo!
Matilda

06 ottobre 2010

Everything is illuminated



Everything is illuminated

Tratto dall'omonimo romanzo di Jonathan Safran Foer, il film può essere diviso in tre parti.Nella prima parte il regista gioca sul tema folkloristico, ironizzando sul confronto culturale tra Jonathan e Alex. Jonathan è un ragazzo americano, pensieroso, riflessivo, nonché vegetariano (sembra essere una bestemmia a certe latitudini), Alex è Ucraino, vive mitizzando la cultura occidentale e non va a letto con donne nate prima del 1969, anno in cui a suo dire sarebbe stata inventata la posizione tantrica 69, appunto.

La seconda parte del film è rappresentata dal viaggio alla ricerca di Trachimbrod, uno shtetl di cui non si ha più traccia, il cui nome non significa nulla per i più.
Siamo quasi di fronte ad un road movie, in cui i protagonisti maturano strada facendo.
Il tema della maturazione è legato al Vedere chiaramente.
Il nonno di Alex, si finge ceco, ha vissuto sulla propria pelle la shoah, l'esperienza e il ricordo sono dentro di lui, non può separarsene. Il tema della sua cecità sembra il tentativo di rimuovere un ricordo doloroso.
Antitetica è la situazione di Jonathan: porta occhiali dalle lenti molto spesse. E' alla ricerca della verità, del ricordo, e non avendone esperienza, la sua visione è incompleta. E' fatta di oggetti e simboli che cavillosamente raccoglie per ricostruire quanto è accaduto alla sua famiglia e alla sua gente. Non a caso è un collezionista, ma la sua collezione è anomala: non legata ad una passione, piuttosto motivata dal bisogno di non dimenticare gli attimi, di non dimenticare esistenze. E la sua di vita... sembra interamente dedicata al Ricordo.

La terza parte del film è l'illuminazione. La chiarezza arriva da una donna che vive fuori dal tempo e dalla realtà. Nella scena in cui accompagna i protagonisti a Trachimbrod sembra uno spirito, quasi a simboleggiare che anche nel presente immenso è il ruolo dei “morti”.

I morti come metafora del ricordo e della Storia. Una storia intesa come un movimento profondo che travalica le esistenze, che eccede la misura del singolo essere vivente.

Sembra quasi che i nostri protagonisti abbiano il compito di trasmettere i destini e le vite che per tramite della Storia ricevono dal passato.

Quasi a dire che solo il ricordo rende giustizia a chi ha vissuto e al tempo stesso è fonte di luce per il presente, grazie ad esso ogni cosa è illuminata.

Consiglio a tutti di vederlo, ha qualcosa di poetico, che illumina e allegerisce il cuore, nonostante la pesantezza del tema.

Matilda